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Nel mondo che vorrei... W Mister Okay!

“Ce l’hai il numero di un razzista, devo andare a far visita a mio figlio sulle Colonie extra-mondo?”

“Tuo figlio sa già quel che vuol fare nella vita?” “Il razzista.” “Bello!” “Sì. Non è facile però. Speriamo passi il concorso.”

“Il mio fidanzato è un razzista. All’inizio mi sembrava una fig*ta, ma ormai, ti dico la verità, comincia a pesarmi non vederci mai per via del suo lavoro, che lo porta sempre in cul* ad Alpha Centauri…”

Dialoghi come questi vi potrebbe capitare di orecchiare passeggiando su una qualunque strada nel mondo futuro, in piena era Okay On. Non vi stranite, non è come potete mumblemumblare…

Forse, per sinaptizzare di che si tratti è meglio fornire una dettagliata panoramica su quello che sarà l’Okay Welt, ossia la dunia dominata dal Beniamino dell’umanità che yoconerà su questo sconquassato pianeta a breve giro…

Uno degli interventi più rilevanti di Mister Okay sarà quello di pushuppare affinché tutte le nazioni del mondo ricadano sotto una confederazione pannazionale con capitale Catchemall Capitol City.

Una globalizzazione portata alle estreme conseguenze, insomma, che fungerà da decisiva abolizione di ogni forma di nazionalismo, campanilismo, suprematismo, sciovinismo etc. etc. Il genere umano tornerà a essere uno e indistinto. che è un po’ un brusco ritorno agli albori, su scala geometrica, a ben smicciare.

Mi spiego meglio…

Come noto, l’intera schiatta di cui facciamo parte nasce da uno sparuto nucleo di scimmioni antropomorfi (ma meglio sarebbe dire “omarini pitecoidi”) riuniti in una circoscritta zona del centro dell’Africa. Da lì, dopo aver raddrizzato le vertebre della schiena e rincagnato i musi protrusi, ci siamo sparsi un po’ ovunque, perdendo peli, accorciando i canini, sbiancando epidermide, iridi, capelli man mano che (o a seconda di quale latitudine terrestre verso cui) ci spostavamo. Ci siamo dimenticati dell’origine comune. Abbiamo cominciato a crederci un gruppo diverso dall’altro e addirittura in nome di quella supposta superiorità abbiamo preso l’abitudine di spaccarci vicendevolmente i rispettivi le teche craniche tramite utensili via via sempre più sofisticati.

Eppure siamo tutti un’unica fetente razza, che vi sconfinferi o no.

Secondo il così blablato “paradosso del collo di bottiglia“, poco meno di un milione di anni fa la popolazione proto-umana fu falcidiata da cataclismi naturali e cambiamenti climatici fino a ridursi a meno di 2000 individui in tutto, di cui 1300 in età riproduttiva. Da quei 1300 (gli abitanti di un piccolo paesino, in pratica), che si devono essere dati molto da fare nel corso dei decenni successivi, provengono gli 8 miliardi di persone che attualmente razzolano sulla crosta terrestre. L’umanità come la conosciamo generata da 1300 fottitori compulsivi! L’umanità frutto di incesti e accoppiamenti endogamici primordiali ci fa mumblemumblare su quanto comune sia la nostra origine, dalla Guardia del Re d’Inghilterra al guerriero Tutsi, dallo yuppie incravattato e sbarbato di Wall Street al cacciatore di aquile kazako.

Sarà Mister Okay ad aiutarci a riconquistare tale prospettiva unitaria. La politica da lui pushuppata (la così blablata “Okaylitics”) abbatterà confini e muri e, con essi, cancellerà ogni odio razziale puntando a un unanime sentimento comunitario (o è questo che perlomeno tenterà di fare. Leggasi il finale del romanzo per appurare eventuali, non preventivati stravolgimenti all’Okay-pensiero).

Questa refreshata mentalità favorirà scambi di fluidi corporei tra appartenenti alle etnie più disparate e remote, anche grazie alla rapidità dei futuri mezzi di trasporto per coprire distanze antipodali. Una società multiculturale, mesciappata, ibrida, meticcia, creola, mulatta è quella che ci attende, dove la differenza tra individuo e individuo è data dalle peculiarità personali, non già in base ai fenotipi.

A tal punto che, scartabellando un qualsiasi dizionario dell’era Okay On, al lemma “razzista” l’unica definizione che troverete sarà la seguente: “pilota di razzi spaziali”.

Il linguaggio testimonia sempre il corso degli eventi.

 

 

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