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Il caso HHH

«Lo speculativo secolo decimonono» lo definiva, non senza un certo tono critico, Kierkegaard.

Certo è che l”800, accanto alle più rarefatte vette del pensiero, raggiunte attraverso l’indagine filosofica dell’Idealismo tedesco, conobbe altresì i picchi dell’abiezione umana (del resto, già Hegel, il maggior campione del sistema logico-speculativo cui si accennava, ebbe modo di definire la storia come un grande mattatoio…).

Ebbene, se sul finire di quel secolo il Vecchio Mondo e, più specificamente, Londra, ovvero una delle sue conurbazioni più significative, veniva segnata dagli efferati delitti compiuti dal pluriomicida che sarebbe poi passato alle cronache, nonché alla storia criminale, come Jack lo Squartatore, al di là dell’oceano, nelle ex-colonie americane, un assassino seriale assai più solerte (benché meno impattante sull’immaginario collettivo) infestava la zona di Chicago.

È notizia di questi giorni l’immanente riesumazione del corpo di Henry Howard Holmes dal camposanto in cui è tumulato sin dal 1896, dietro richiesta di alcuni discendenti. Questo ci offre lo spunto per ricordare brevemente quello che fu appunto il mostro dell’Illinois.

Iniziamo col dire che la polizia stimò che il numero delle vittime di HHH ammontasse addirittura a 200 unità. Figlio di un padre alcolista e violento, “bullizzato” sin dalla più giovane età dai compagni più grandi per via del carattere eccentrico e dei buoni voti che collezionava in ogni materia, un giorno fu costretto da questi a toccare un teschio nell’aula di anatomia. Vinte le naturali ritrosie, quel momento rappresentò per lui il punto di svolta, l’istante di una piena autocoscienza: nel tastare quel cadavere scarnificato si sentì percorso da un profondo brivido di piacere, prossimo all’orgasmo, che avrebbe poi cercato la maniera di riconfermare lungo tutta la sua nutrita carriera omicida.

Esordì con cautela: avvelenando qualche vecchina per scopi di lucro. Ma il successo dei suoi primi reati, rimasti impuniti, lo convinse a un escalation che lo avrebbe potuto rendere il perfetto protagonista di una delle opere più truculente del Marchese De Sade…

Infatti, recuperata un’ingente somma grazie ad alcune azioni fraudolente, fece costruire un edificio a tre piani, presto ribattezzato dalla stampa “Holmes’ Castle”, entro cui si rinchiuse, proprio come i quattro libertini di Le 120 giornate di Sodoma. Solo che, anziché essere isolata e irraggiungibile come nel loro caso, la sede delle inenarrabili malefatte di Holmes fu eretta in pieno centro abitativo.

Il covo fu concepito dal suo proprietario come un intricato dedalo di stanze, tutte dotate di trabocchetti, passaggi segreti, sifoni utilizzati per gasare le eventuali vittime, muri protetti dall’amianto per poter dare fuoco all’ambiente, e ai suoi ospiti, senza che l’incendio si propagasse. Inoltre ognuna di tali camere era dotata di una botola che immetteva il malcapitato direttamente in una grande vasca riempita di acido corrosivo.

Là dentro HHH – come si diceva – seviziò e soppresse un numero impressionante di persone, di ogni estrazione ed età: bambini, garzoni, visitatori, fidanzate, complici, turisti, affittuari. Per ognuno di loro escogitava una fine particolarmente atroce, cui assisteva estasiato.

Infine fu arrestato mentre stava per imbarcarsi per l’Europa, ma non già per la moltitudine di omicidi messi in atto (quelli li avrebbe confessati lui agli inquirenti pavoneggiandosene, una volta incarcerato): fu una tentata truffa ai danni della compagnia assicurativa da cui aveva tentato di intascare la polizza sulla vita di una delle sue vittime a incastrarlo.

Morì il 7 maggio 1896 per impiccagione. Impiegò un quarto d’ora di spasimi per concludere la sua avventura mondana: il cappio non era stato preparato con sufficiente attenzione.

P.S. Persino Mister Okay incontrerà H.H.H., prima o poi, ma questa è un’altra storia, che, una volta o l’altra, vi racconteremo…

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