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Più il tempo trascorre più i pochi messaggi che Freddy ancora riesce a esalare dentro l’elettrosonda si fanno confusi, viziati dall’immaginario infantile e dalla scarsa aliquota di ossigeno che ancora gli giunge al cervello. Chiede che qualche mega-robot da cartoni animati venga a salvarlo, invoca uomini forzuti che ha visto a qualche spettacolo di strada, ignorando i trucchi che stanno dietro le loro esibizioni.
Passano giorni su giorni. Le operazioni non sono andate lisce come si ripromettevano i soccorritori davanti agli organi di stampa. Recuperare quel ragazzino si è presentato molto più arduo del previsto. Una situazione difficile da capire in un’epoca come la nostra, nella quale al primo accenno di un problema basta schioccare le dita perché Mister Okay piombi fischiante giù dal cielo e risolva ogni cosa.
Le speranze si affievoliscono come la vocina di Freddy, incastrato in fondo a quel tunnel verticale. Solo mamma ci spera ancora, o perlomeno si sforza di farlo, con il rimmel che le scende lungo le guance sotto forma di lacrime nere come inchiostro, la faccia infossata dentro il petto caldo del marito, le spalle scosse appena appena da singhiozzi soffocati.
È passata quasi una settimana. Nessuno avrebbe resistito così a lungo là sotto, figuriamoci un bambino smilzo con meno di sei anni d’età. Non sarebbe bastata tutta l’acqua mista a zucchero del mondo, né quell’ossigeno puro che gli pompavano giù con i tubi per evitare la mancanza d’aria.
Freddy non fiata più già da qualche giorno. Non lo si sente neanche al microfono che è stato fatto scendere giù per quella sua prigione di pietra. Gli scavi della galleria parallela sono andati per le lunghe, più del previsto: il terreno presentava strati di terra molto friabile alternati a blocchi di pietra quasi inscalfibile. Alla tv il direttore dei lavori, nonostante tutto, continua a rassicurare gli intervistatori che tutto si risolverà nel migliore dei modi, ma si vede che non ci crede neanche più lui.
Il padre passa le notti a ululare il nome del figlio senza ricevere risposto. Non disturba il sonno di nessuno, quasi tutti se ne sono andati ormai, supponendo che lo show sia alle battute finali. Vederli partire tutti ha gettato ancor più nella disperazione la madre di Freddy, che in quell’esodo ha colto il segno che ogni speranza sia perduta. Anche i bollettini quotidiani si sono diradati. I notiziari sembrano disinteressarsi sempre più al caso e con loro gli utenti, subodorando che non ci sia ormai più nulla da fare, che la conclusione sia già scritta.
Marito e moglie cercano di darsi pace. Le aspettative sono tragicamente cambiate. Ora vogliono solo più riabbracciare la piccola salma, ricomporla dentro una piccola bara, tumularla dentro un piccolo loculo. Darle la meritata requie.
Da quando hanno dato tacitamente per certo che il piccoletto non potesse avercela fatta, i lavori sono proseguiti più spediti, senza più timore che qualche smottamento troppo brusco possa ripercuotersi sulla sua integrità fisica. Dilatano il buco, allargano il passaggio, si calano dentro appesi a delle corde elastiche. La madre sul ciglio è combattuta tra orrore e voglia di stringere ancora una volta a sé il frutto del suo grembo.
Scendono giù, fino in fondo, i piedi a mollo sino alle caviglie. Freddy non c’è!
Guardano dappertutto, se per caso sia scivolato giù nell’acqua, se sia ancora appeso da qualche parte: di Freddy nessuna traccia.
Pretende di constatare di persona anche il padre. Guarda smarrito dentro quell’antro rischiarato a quell’ora da un sottile cono di luce. Suo figlio non c’è. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Che cosa gli sia successo non lo saprà mai nessuno.
C’è chi ha parlato di smaltimento illegale di materiale altamente inquinante avvenuto negli anni, interrato in quel sottosuolo. Qualcuno arriva a garantire si trattasse di uranio decaduto.
E se Freddy non fosse morto? Se laggiù avesse assorbito le emissioni delle scorie radioattive? Se queste lo avessero trasformato in qualcosa di diverso? Di potente? Di soprannaturale?
Ci furono avvistamenti, anni dopo. Bifolchi del posto ammisero di aver chiaramente visto una sagoma umana uscire dal terreno, più o meno nel punto dove si trovava il pozzo di Freddy, e sfrecciare via, alta nel cielo, come un missile, poco tempo prima che Mister Okay facesse la sua comparsa su questa terra, ridiscendendo da quella stessa cupola celeste.
E se Mister Okay altri non fosse – certuni osano – che la mutazione in età adulta del povero Freddy?
Tratto da MISTER OKAY